miércoles, 6 de octubre de 2010

il mio shinai si chiama quattordici

Un dato importante che è meglio se mi ricordo e non faccio casino con i numeri.
Qua - ttor - di - ciiiii.

I miei problemi di stomaco - intestino - anima si sono presi un periodo di riposo, quindi ieri sera ne ho approfittato per andare al Castillo.
Dicesi Castillo (per chi non è mai stato a Valencia): uno dei bar più zozzi di Spagna, con un bagno che gli fa una pippa al cesso più sporco di Scozia, e dove però la birra costa verameeeeente poco.

Invitati: PalliLivorno (Francesco), che forse questa volta si ferma definitivamente in Spagna, anche se ancora non sappiamo dove, con un'invitata erasmus (altra livornese), Michele, Fernando il bagnino simpatico, Inma (la donna comodino più volgare di Cordoba), io e Zolpho. Insomma, una rimpatriata tra gentaglia che non si vedeva da un po' di tempo

Io inizio tranquilla, con un quinto de cerveza. E penso di fermarmi lí.
Poi peró il secondo arriva subito, veloce veloce, che non me ne accorgo nemmeno!
E dopo il terzo non li conto nemmeno piú.
Addirittura convinco la livornese a fermarsi per due o tre birre in più. Poveretta, non riusciva mica ad andarsene.
E verso la fine mi bevo anche la birra di Zolpho.

Vedo una mia alunna (male, molto male) ma la confondo con un'altra, la presento come "Sara", ma poi penso che forse non si chiama Sara, e quando va via cerco il suo nome sulla rubrica però niente, il vuoto assoluto. Dopo tre ore mi verrá in mente il nome "Jenny".

Intanto siamo rimasti io, Zolpho e la donna comodino. Loro due parlano di lavoro e io ancora penso alla finta Sara senza ricordarne il puto nombre, e penso anche se ha fatto in tempo a vedermi in situazioni imbarazzanti oppure no.
Scopro che la donna comodino è una persona serissima, se non è sbronza e non ha bisogno di accoppiarsi.

Alle 22:30 io e zolpho riusciamo ad arrivare a casa, preparo una aglio e olio, giochiamo a scopa (perdo due partite su due), e poi in men che non si dica si fanno le due di notte e ancora non dormo...

Alle 7:45 questa mattina suona la sveglia, e io indugio diversi minuti nel letto, e quasi quasi decido di non uscirne, ma... perderei la prima lezione di Kendo, e non è un bel modo per iniziare, no no no.

Quindi mi alzo e vado, ma a pochi metri da casa trovo un gattino, piccolissimo e sporchissimo, che grida come un matto fuori dalla vetrina di un ufficio. Non so cosa fare perchè mi si stringe il cuore a vederlo cosí solo e disperato, e a un passo dalla morte per investimento su Primado Reig. Ma decido di occuparmene piú tardi.

La prima lezione di Kendo è una sorpresa continua.
Primo. Uno dei compagni e addirittura l'insegnante sono miei compagni di corso in Giapponese Basico IV con la prof. Kayo.
Secondo. Il gruppo non è di iniziazione al Kendo, bensí misto, quindi noi che facciamo lezione per la prima volta ci alleniamo con kendoka di medio e di alto livello.
Terzo. Ho uno shinai tutto per me, e me ne devo ricordare il numero, pena una gran figura di merda. Quattordici.
Quarto. Mi piace un casino gridare durante gli attacchi, e mentre all'inizio i miei non erano per niente gridi di battaglia, a un certo punto, all'improvviso, mi sono accorta che avevo alzato la voce in maniera spaventosa (nel senso che faceva paura, anche a me).

All'uscita da Kendo il gattino era nascosto in un cespuglio, ma continuava a piangere.
Gli ho portato pappa di pollo e un po' d'acqua. Era terrorizzato e tremava tutto, e io pensavo a quanto deve essere traumatico nascere in un posto come l'incrocio tra Primado Reig e Gomez Ferrer a Valencia, così rumoroso, con le ambulanze del Clinico che passano in continuazione e la gente che in flussi continui corre per andare al lavoro, all'università, alla metro, a prendere l'autobus che se ne sta andando...
E ho pensato al "Profumo" di Suskind, e a come mi è sempre rimasta impressa nella mente la scena della nascita del protagonista, sotto una bancarella del luogo più maleodorante del mondo (il mercato di Parigi, se non sbaglio), cosa che lo segnerà per tutta la vita e lo porterá alla gloria e infine al delirio. Non voglio mica che quella palletta di pelo faccia la stessa fine! Ma non posso portarlo a casa senza prima averne parlato ai coinquilini.

Per fortuna un ragazzetto mi ha visto ed è rimasto con me a dare la pappa alla bestiola zozza (mangiava come uno che non mangia da giorni), e alla fine si è deciso a portarselo a casa.
Con una scatola vuota di fogli per fotocopie e una vecchia maglietta di Sara. Nella scatola il gattino si è subito calmato. Forse ha anche dormito, con il pancino pieno.

Sono tornata a casa tranquilla anche io.

IMGA0710

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