viernes, 30 de julio de 2010

Forza Gianfranco!!

Dai che c'è speranza!!!
Rettifico il post precedente e...
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miércoles, 28 de julio de 2010

shit

Mierda!
E pensare che fino a qualche settimana fa ero convinta che la Rivoluzione in Italia sarebbe partita da un fascista...
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ovosodo

A volte l'eco di un passato si fa sentire per vie traverse, e ti fa venire mal di pancia.

Può arrivare sotto forma di biglietto aereo per un viaggio che non te la senti di fare. Almeno, non in aereo.

Può sbucare fuori da luoghi e situazioni inaspettati.
Come una foto tra tante. Un volto che riconosci all'improvviso. Una sensazione di piacevole silenzio dentro una cacofonia alla quale però ti eri abituato, come un sottofondo continuo che non noti più. Come quando uno stormo di uccelli, nascosto in qualche albero, tace da un momento all'altro.
Un piccolo messaggio in bottiglia che decidi di abbandonare in un oceano di parole, consapevole e quasi felice del fatto che il vero destinatario molto probabilmente non lo troverà mai.

Oppure un nome che non puoi ancora associare a nessun volto. Come Martina.
Martina sicuramente mi odia.
Martina gioca d'anticipo e mi rovina le vacanze.
Martina è riuscita addirittura a farmi abusare di valeriana.

Martina non mi ha mai vista, e io non la conosco. Ma anche lei ormai è entrata a far parte di un passato non chiuso, di una corrente di ricordi disordinati, ora lo sistemo, domani lo sistemo, questo fine settimana lo sistemo, e invece il tuo passato resta sempre lì, abbastanza incasinato e polveroso, come le scarpe invernali che non ti decidi mai a pulire e mettere via, e che ti fanno sentire quella puntina di vergogna se vengono ospiti a casa ad agosto.

Martina, insieme a tante altre cose, è come una specie di ovosodo dentro, che non va né in su né in giù, ma che ormai mi fa compagnia come un vecchio amico...


jueves, 22 de julio de 2010

di passaggio 01

All'improvviso... un martedì senza lavorare. Amo questo genere di sorprese.
Alle 3 del pomeriggio mi fiondo in centro. Ho voglia di fotografare parti di Valencia che tra poco spariranno. Angoli di città dalla vita breve. La prossima volta toccherà al Cabanyal. Oggi è la volta della città vecchia.

Trovate la serie completa qui:
http://www.flickr.com/photos/69108293@N00/sets/72157624557283754/show/

calle del conde de montornes, valencia 03 con rosh

chica que abandona la pared

parking 2

luz

mala suerte?

terraza para derribar

confecciones leon 2

duelo 01

armeria 14

derribos

bar en jaula 2 - picasso

lunes, 12 de julio de 2010

avvertenza: post molto lungo.

Sono le due del pomeriggio del primo giorno da Campeones del Mundo.
Mentre sono sul divano a mangiare una pasta tiepida perchè muoio di caldo ripenso a ieri.

È domenica, 11 luglio 2010.
Stasera la Spagna si gioca la finale con i Paesi Bassi.
Per assistere alla finale del mondiale a Valencia sono stati installati alcuni megaschermi.
Devo sceglierne uno insieme a Ivan, valenciano, e come ogni spagnolo al suo primo mondiale.
Scopro che è anche possibile vedere la partita al cinema, normale o in 3D. E io ovviamente ci provo, la butto lì, perchè mi piacerebbe davvero tanto tanto... ma Ivan non prende nemmeno in considerazione l'eventualità, quindi capisco e taccio.
Alla fine lui opta per un megaschermo al Parque del Oeste.
PRO: è un parco quindi si suppone che non si morirà di caldo come in altri posti
CONTRO: oltre ad essere all'altro lato della città rispetto a casa mia, scopro che dovrò essere lì alle 4 perchè così ha deciso Ivan, che vuole prendersi i posti e non perdersi nulla dell'incontro.

Breve calcolo: 4 ore e mezza all'aperto prima che inizi la partita, più due ore di partita siamo già a 6 ore e mezzo, una possibile proroga di 30 minuti ci porta a 7 ore, non oso pensare all'eventualità dei rigori. Quasi un'ora tra andata e ritorno in bicicletta.
Totale: un casino di tempo da passare fuori casa, al quale vanno aggiunti i (possibili ma non certi) festeggiamenti del post-mondiale.
Soluzione: mi attrezzo per un pic-nic de puta madre.

Problema: a poche ore dalla partita scopro per vie traverse (A.K.A. Deus ex Machina Digitale la mailing list di CouchSurfing Valencia) che quella del megaschermo al Parque del Oeste è una cazzo di bufala.

Sento Ivan, che per un attimo si fa riprendere dallo stress pre-primomondiale, ma riprende subito in mano la situazione e mi dice "Allora andiamo al porto". Esattamente quello che non volevo sentirmi dire.

Il porto dell'America's Cup.
Questo relitto post-industriale post-fighetto pre-crisieconomica i cui ristoranti dagli infissi bianchi sono stati smangiati e arruginiti da un solo anno di salsedine.
Questo ingombrante e inutile non-luogo che cerco di evitare da 3 anni con tutte le mie forze, soprattutto durante i vari grandi eventi che si sono succeduti dopo la regata, prima fra tutti l'insopportabile e insensata Formula 1.
Questo posto di merda ora me lo devo condividere con una moltitudine di spagnoli iper-eccitati e se possibile più rumorosi del solito, cosa che i miei sensi tutti sarebbero stati felici di non incontrare mai.
Ora mi tocca.

E questi erano i contro.
L'unico pro è che la vicinanza della spiaggia mi rallegra infinitamente con la possibilità di ripetuti bagni in mare prima e dopo la partita.

Ivan dice che passerà da me alle 16:45, e che alle 16 mi chiamerà per dirmi se verrà in macchina o in bicicletta.
Intanto preparo l'occorrente per il pic-nic che in ogni caso avrà luogo, perchè le ore da passare fuori casa sono più o meno le stesse.
Ma in più passo da un chino e compro minifrigo, freesbee e un vaporizzatore per l'acqua.
Vedo Debora alle 3, passo con lei un'oretta, un'oretta piacevole, con birra e chiacchierate, tragicamente interrotta come un coito alle 4 perchè so che Ivan mi chiamerà a casa.
Ivan, ovviamente, non chiama.

Ci penso io, verso le 4 e mezza.
"Hola Ivan"
"Holaaa, que paaasaaa"
"Come que pasa? Mi dovevi chiamare alle 4!"
"Ah, già. Bè, il mio amico non mi risponde quindi vengo in bici, esco tra una decina di minuti".

Ivan arriva a casa mia alle 17:45, con esattamente un'ora di ritardo.
Alle 17:46 mi dice "Dobbiamo passare all'OpenCor a prendere da bere".

Dicesi "OpenCor":
supermercato aperto anche di notte e festivi, per lo più frequentato da idioti che hanno programmato per una domenica una festa o un'uscita o una cena da mesi, ma dio ce ne scampi e liberi dal passare da un normalissimo Mercadona il sabato e risparmiare decine e decine di euro. No no. Tanto c'è OpenCor che mi fa pagare un pacco di pasta 14 milioni di euro e una birra l'ira di ddio.
Questo sí, è tipicalispenisc. Ma l'economia (fino a poco tempo fa) girava con loro. Ora non gira più un cazzo ma gli spagnoli sono un po' duri a perdere certe abitudini cretine.

Passiamo venti minuti in OpenCor, la maggior parte spesi girando invano senza trovare il rhum, e il resto del tempo passato a convincere Ivan che non posso bere alcol.
Alla fine, ovviamente, puntiamo sul classico.
Rhum (che era in cassa, alla fine..), Coca-Cola da 2,250 litri ("che risparmi"), bicchieri di plastica e pacco di ghiaccio. Quella dei bicchieri è stata una scelta dell'ultimo momento, perchè Ivan puntava sulle forbici (prezzo tra i 3 e i 9 euro) per una soluzione molto macchinosa ma che lui inizialmente credeva la migliore.
Ho dimenticato il totale speso, ma sicuramente è quasi il doppio di quello che si poteva spendere il giorno prima, senza contare il ghiaccio che si può fare a casa, ma questo gli spagnoli lo ignorano, perchè nella loro ingenuità pensano ancora che la creazione del ghiaccio sia un privilegio esclusivo di sua divinità la produzione industriale.

Arriviamo al porto alle 18:30, circa un'ora e mezza più tardi rispetto all'orario che si era prefissato il puntualissimo Ivan.
Chiedo a un poliziotto dove possiamo lasciare le bici, e lui dopo 4-5 frasi mi fa capire che non sa un cazzo. Ci arrangiamo, io con un po' di paranoia della nuova legge che ti proibisce di legare le biciclette a pali e lampioni.
Il megaschermo non è poi così mega come dicevano.. ma va bene. Gli spalti sono già tutti occupati ma lo spiazzo davanti è tutto libero. Una bella distesa di asfalto che ha preso tutti i 30-33 gradi di questa giornata di luglio.

Fa un caldo della puta hostia, e io non riesco a coniugare i verbi perchè mi si impasta la lingua, quindi (la idea più saggia della giornata) io e Ivan decidiamo di andare a farci il bagnetto.
CONTRO: la parte di spiaggia vicino al porto... già lo sappiamo tutti, no? Resto dentro 30 secondi, poi esco schifata e vado a farmi una doccia, dove vengo premiata dalla visione di culi e tette piacevolmente e chiaramente olandesi (pro).
Mentre ci asciughiamo Ivan prepara i primi due rhum e cola, uno per lui e uno per me che lui dice superleggero ma che mi fa cagare e ho voglia di buttare nella sabbia di nascosto per poi dire "Finito! Buono, eh?", ma sono una ragazza troppo ben educata per fare questo genere di cose, quindi aspetto che diventi caldo e poi cerco di rifilarlo a Ivan, che ci ributta dentro altri due cubetti di ghiaccio e me lo restituisce.

Voglio già morire ma è tempo di andare.
Recuperiamo due amici di Ivan.
I tre rimangono su una panchina a chiacchierare come settantenni fuori dal circolino dei vecchi finchè non faccio notare che davanti al superipermegaschermo tra poco non ci sarà più posto.
Infatti non c'è più posto.
Dopo aver girato un po' i ragazzi decidono di fermarsi sul prato. Carino.
PRO: più fresco dell'asfalto, ma non troppo.
CONTRO: è il posto più idiota che si poteva scegliere, non si vede niente perchè il prato è in leggera, quasi impercettibile ma reale discesa man mano che la distanza dallo schermo aumenta, quindi le persone davanti saranno sempre più in alto di quelle dietro.
Faccio notare che non ha assolutamente senso restare lì, faccio anche le facce tristi ma nessuno mi caga, anzi, credo mi considerino un tappo senza speranza e niente più, mentre dall'alto del loro metro e settantacinque cercano di convincermi "che lì non si va a vedere la partita, si va perchè c'è l'ambiente". Ma l'ambiente de che?? Io sono venuta a vedere giocare la Spagna, non a vedere gridare dei valenciani ubriachi.

Senso di impotenza.
Dico che andrò a casa a vederla ma non ci crede nessuno, nemmeno io. Sarebbe troppo triste vederla da sola.
Uno mi dice "Tranquilla, quando inizia la partita tutti si siederanno e così noi potremo vedere". Non gli dico che è un illuso se conta solo su questo per poter vedere qualche pixel di Soccer City.
Però questo sí, lo guardo negli occhi e gli dico "Avanti, scommettiamo quello che vuoi. Conosco gli spagnoli, non si siederà nessuno". Lui abbozza un sorriso, in effetti la mia sicurezza è disarmante, è preso in contropiede e non risponde nulla, quasi sicuramente ripensando a tutti gli eventi che ha visto, a tutte le volte che ha visto spagnoli riunirsi, e forse decide che ho ragione ma non me lo dice.

I tre porcellini scemi bevono e fumano mentre intorno a noi c'è sempre più gente e io vedo sempre meno di quel nulla che vedevo inizialmente.
Depressione.

Ore 20:25, a pochi minuti dall'inno
Finalmente arriva il Deus Ex Uruguay, A.K.A. Cecilia, che con il suo solito fare da madre che ancora non è obbliga i pargoli a spostarsi da quel cazzo di posto e ad andare al bar, sì, al bar, dove c'è la tele e almeno si può vedere la partita.
La amo, voglio che sia la madre dei miei figli, così siamo sicuri che non crescono scemi, ma ormai ho deciso di andare a vedere la partita semplicemente dieci metri più in là, dove c'è Marco di Livorno con una banda di sconosciuti e dove IL MEGASCHERMO, OVVIAMENTE, SI VEDE BENISSIMO.

Un po' mi dispiace lasciare gli amichetti spagnoli, ma neanche tanto.
Prometto di passare con loro il secondo tempo.
La partita inizia mentre Ivan e i suoi cercano un posto dove stare, e io mi godo l'inno dal mio angolo di prato (in piedi).
Emozione e ritrovatà felicità, anche se con una nota amara. Però vaffanculo, voglio vederla, 'sta cazzo di partita che manco io ci credo che sono qui a tifare Spagna con tutto il cuore, e la Nazionale Azzurra non mi ricordo nemmeno più quando mi ha fatto sentire così carica di energia positiva.
Il sole è impietoso, nonostante sappiamo tutti che tra un'oretta tramonterà dietro di noi, ma ancora non sembra, e nessuno lo direbbe con certezza se non fosse che da qualche milione di anni, ormai, fa così.

Ore 21:10, 0-0
Poco prima della fine del primo tempo cerco di sentire Ivan per sapere dove sono andati e così raggiungerli. Ma non ci riesco.
Il primo tempo finisce con poche emozioni e nessun gol.
Rimpiango un po' la semifinale, che ricordo al cardiopalma e piena di magnifiche azioni della squadra spagnola, una dopo l'altra.
Durante la pausa cerco di fare un po' di pablicrelascions con gli amici di Marco. Offro frutta, chiacchiero, rifiuto una scommessa scusandomi ("la mia religione me lo proibisce", e fine delle domande), e scopro che le ragazze sedute accanto a me sono polacche.
Una dice: "La pausa dura mezz'ora, vero?".
E l'altra: "Ma perchè non segna nessuno? È la mia prima partita, io pensavo che i gol si facessero uno dopo l'altro".
Vorrei chiedere dove sono finita. Invece chiedo loro quanti anni hanno. Marco mi chiarisce molte cose dicendomi che la Polonia non vede un mondiale da un po'. E oggi me lo conferma Wikipedia:
* 1930 - Non partecipante
* 1934 - Ritiratasi durante le qualificazioni
* 1938 - 1° turno (tra le prime 15)
* 1950 - Non partecipante
* 1954 - Ritirata
* 1958 - Non qualificata
* 1962 - Non qualificata
* 1966 - Non qualificata
* 1970 - Non qualificata
* 1974 - 3° posto (minchia)
* 1978 - 2° turno (Quarti di Finale)
* 1982 - 3° posto
* 1986 - Ottavi di Finale
* 1990 - Non qualificata
* 1994 - Non qualificata
* 1998 - Non qualificata
* 2002 - 1° turno
* 2006 - 1° turno
* 2010 - Non qualificata

Poveri polacchi.

Ivan si fa sentire all'inizio del secondo tempo, ma ormai col cavolo che mi muovo!
In più ho trovato un posto migliore rispetto a quello del primo tempo.
CONTRO: davanti a me una cicciona non ha fatto che dondolare per 45 minuti. Un dondolío come quello dei dementi ma, invece di andare avanti e indietro, lei andava da sinistra a destra, spostando il suo dolce peso lentamente da un piede all'altro, un po' come quando ascoltiamo una canzoncina piacevole e ci ninniamo canticchiando come beoti.
Solo che non c'era nessuna cazzo di canzoncina piacevole, e l'audio di quella sera era principalmente composto da cori da stadio in spagnolo, parolacce infami rivolte ai poveri olandesi, diversi "UYYYY" dovuti a azioni non finite degli attaccanti delle due squadre, maledette vuvuzelas (una delle quali infilata dritta nel mio orecchio destro), calci ai bagni chimici che visti da dietro sembravano scatoloni posseduti da spiritelli poltergeist al profumo di fragola. No no, la cicciona era nervosa, e si notava quando porca troia in prossimità di un gol si tappava la faccia con la bandiera o con le sue bracciozze cicciottelle oscurando completamente la mia visione frontale.
L'ho odiata ma a volte mi faceva pena e l'istinto, spesso, è stato quello di metterle le mani sulle spalle, bloccarla e sussurrarle all'orecchio: "calmati, cazzo".
Istinto controllato.

Il secondo tempo è molto più bello del primo, ma si conclude con un niente di fatto, mille ammonizioni e Xavi che non ne mette una dentro e mi fa innervosire, anche perchè lui (Xavi) mi confonde molto. Con la sua faccia così italoamericana. Sembra uscito da un film con Andy Garcia e Al Pacino.

Ore 22:20, fine secondo tempo, 0-0
Si va ai supplementari.
I supplementari mi stancano.
A malincuore lascio il mio angolo di prato e vado da Ivan, che nel frattempo mi ha fatto sapere che è all'edificio Veles i Vents, il cuore fighetto dell'America's Cup fighetta.
In un bar fighetto diversi fighetti bevono da bicchieri fighetti seduti ai loro tavoli riservati e fighetti.
A equilibrare il tutto c'è il gruppetto davvero poco fighetto di Ivan spalmato per terra davanti alla tele.
I supplementari sono già iniziati da 3 minuti.
Il primo tempo finisce e un'orda di idioti va verso il bar. Io mi trovo giusto tra i due (gli idioti e il bar). La cosa mi innervosisce.
Ma per fortuna inizia il secondo tempo supplementare e ho altro a cui pensare.
Quando Heitinga viene espulso e gli olandesi restano in 10 è il tripudio, ma uno dei nostri, Antonio, forse non regge l'emozione e se ne va.
Dice a pisciare, ma in realtà non lo si vede a lungo, fino al gol di Iniesta che fa esplodere tutto il porto e l'orda di idioti si catapulta fuori dal bar e corre senza guardare quello che sta schiacciando (tra cui il mio zaino). Mi alzo terrorizzata, ma l'orda è ormai passata e posso saltare contenta e gridare con gli altri.
Siamo tutti in piedi e per un po' nessuno si lamenta del fatto che la tele sia completamente oscurata, mentre Ivan la tappa completamte e si fa video e foto con gli amichetti davanti allo schermo.
Alla fine mi siedo e tutti mi seguono, còsì possiamo finire di vedere questi maledetti ultimi minuti che sembrano non finire mai.

Quando l'arbitro fischia la fine il boato che mi aspettavo non arriva.
Gli spagnoli hanno già dato il meglio dopo il gol. Vedo Casillas piangere e piango anche io.
Però sí, altra gioia esplode dopo la consegna della Coppa e inizia la festa. Tutti tranne me e gli uruguaji saltano dicendo "Yo soy español, español, español".
Sì, sono contenta, ma non sono spagnola e non sono euforica perchè il mondiale non è mio e la pelle dove Ivan mi ha disegnato la bandiera spagnola a tradimento è ancora territorio italiano.

Alla fine di un mondiale vengo sempre presa da una depressione post-mondiale dovuta al fatto che all'improvviso, da un giorno all'altro, vengono a mancare le attese per le partite "belle da vedere" e le tachicardie per i gol sfiorati e ritrovarsi con gli amichetti al bar davanti alla tele come dei bravi pensionati. Insomma, da tanta adrenalina a tanta tranquillità.
Ma questa volta il tutto è aggravato dal ricordo che la mia Nazionale non si è nemmeno qualificata per gli ottavi...

La terrazza fighetta, per una volta, viene assalita da una moltitudine assolutamente non fighetta.
Ragazzine in maglietta, famiglie, gente in costume, e il solito esibizionista euforico che sale su un tetto (non capisco come, lo vedo ma non capisco come lo fa, forse è uno scimpanzè, il che rinforza la mia tesi secondo la quale l'uomo iberico discende direttamente dalla scimmia). L'orango magro sventola la bandiera fino a quando qualcuno lo avverte che arriva la polizia, allora scende, scivola giù da una colonna liscia (sempre senza farmi capire come) e scappa, e dietro di lui decine di persone, tutte rosse e gialle, come supereroi con la bandiera per mantello, spariscono dietro un angolo formando un'onda che segue una geometria incantevole, perfetta, e tornano dopo un paio di minuti, per godersi Gloria Gaynor, i Queen e tutta una serie di banalità come sempre in questi casi molto coinvolgenti.

Continuo a dire che voglio andare a fare il bagno, ma le mie speranze non fanno che affievolirsi di minuto in minuto, fino al momento in cui sento che si spezzano definitivamente.
Infatti il gruppo spagnolo mi rovina decisamente la chiusura della serata quando capisco che tutti, a mezzanotte, non solo devono ancora mangiare, ma non si sono nemmeno portati un misero panino da casa.
Cerco di sentire Marco, che sapevo anche lui desideroso di buttarsi in acqua. Mi chiama, ma il rumore è tale che non sento nulla, gli chiedo di mandarmi un messaggio, ma sarà l'ultima volta che ho sue notizie.
Mayday, mayday, stiamo per precipitare, abbiamo perso i contatti con la nostra ultima speranza di salvezza, addio mondo crudele, dite a Jessica Rabbit che l'ho sempre amata.

Ci allontaniamo dalla terrazza passando in mezzo ai ballerini di salsa. È incredibile, la gente che balla salsa mi fa sempre lo stesso effetto. La scena mi sembra sempre uguale, ripetuta in diversi angoli del mondo. Un gruppo di coppie, normalmente con un peso complessivo leggermente superiore alla media europea, appena sente che qualcuno ha messo su una salsa esce dal nulla, come le mante (o le razze?) nascoste nella sabbia sul fondo dell'oceano (erano lì anche prima ma non si vedevano). Ballano con movimenti meccanici e espressioni tra il serio e il triste (non ho mai visto uno di loro sorridere), un po' come quando una casalinga stira i panni o lava i piatti. Le tocca, non è che le piace. I ballerini-manta (o razza?) mi fanno sempre questo effetto. Prestate attenzione la prossima volta che qualcuno mette su una salsa. Oppure fate un esperimento, portatevi uno stereo alla festa dell'unità, un cd di balli latinoamericani e anche un quaderno per prendere appunti.

A mezzanotte in punto c'è lo spettacolo di fuochi d'artificio, ma gli spagnoli non vogliono nemmeno vederlo, non capisco perchè. Mi sento davvero straniera e anche un po' sola.
Li accompagno a prendere una pizza finta che arriva dopo mezz'ora. Intanto prendo il mio tupperware e mi mangio la pasta preparata per il picnic.
Il mio Bento attira le attenzioni delle femmine iberiche, che non hanno mai visto nulla del genere e mi fanno mille domande, lo agitano per capire se suona e lo annusano come scimmie del Borneo che vedono per la prima volta un essere umano. Le tranquillizzo dicendo loro che "è come un tupperware, ma carino".
I maschi invece si interessano al contenuto, e ovviamente inizia la conversazione sul vegetarianesimo. Sono un po' nervosa e la situazione potrebbe peggiorare, peró per fortuna mi concentro su uno solo di loro, il quale sembra capire abbastanza velocemente quello che gli dico e sembra addirittura d'accordo. Ah, già, è lo stesso della scommessa, la prima, quella degli spagnoli che non si siederanno mai. Forse ha capito che con me è meglio non discutere.

C'è qualcosa che non quadra tra me e queste persone.
Oggi vorrei stare con chiunque tranne che con loro, eppure sono persone che mi sono sempre piaciute.
Realizzo che loro sono felicissimi perchè La Roja ha vinto il suo primo Mondiale e sono tutti pieni di alcol.
Io sono lucidissima + la mia Nazionale quest'anno ha fatto veramente cagare = deprescion.

Non so più a che ora finiamo di cenare e io tento per l'ultima volta di chiamare Marco, ma senza risultato.
Usciamo dal porto e io sono sempre più insoddisfatta.
Ai mille fastidi si unisce l'ennesimo: io e Ivan abbiamo la bici. Tutti gli altri vanno a piedi. Questa è una delle cose che sopporto meno quando esco. Dover tardare un'ora per percorrere un tragitto che in bici si fa in cinque minuti.
Stiamo con loro fino al primo grande incrocio, poi li lasciamo in balía di una ricerca di taxi. Nemmeno Ivan sopporta la gente a piedi.

Finalmente mi godo una bella biciclettata con il mio amichetto su Avenida del Puerto.
Mi chiama anche Mr. Z così sono ancora più contenta.
Le macchine ci passano accanto e gridano GUAPO a Ivan (lui mi chiede subito di confermare e ne approfitta per chiedermi di testimoniare in futuro in presenza di terzi non presenti all'evento), ci sono bandiere ovunque e tutti gridano fuori dai finestrini.
È tutto molto piacevole, ma ormai ho deciso che andrò a casa.
Ivan mi prega di restare con lui e di andare al Carmen, in centro.
Declino e declino e declino, finchè non gli dò la mano e gli dico: "Ah, congratulazioni per la vostra promozione".
Dal nulla a campioni d'Europa quando nessuno ci credeva a Campioni del Mondo quando tutti lo volevano e ne avevano bisogno, come per confermare qualcosa che era nell'aria, e cioè che ultimamente la Spagna in quanto a sport sta davvero dando la merda a un bel po' di gente.
Ivan sorride, si ricorda che ha vinto un Mondiale e mi lascia andare a casa contento.

Faccio la doccia, poi guardo due puntate di Samurai Champloo mentre fuori impazza il delirio, ma il rumore smette come improvvisamente verso le 3. Non si sente più nulla e io non ho più sonno.

Sono le due del pomeriggio del primo giorno da Campeones del Mundo.
Mentre sono sul divano a mangiare una pasta tiepida perchè muoio di caldo ripenso a ieri e all'altalena di emozioni.
Fuori la città è più silenziosa del solito.
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